Domenico Sciamanda “prigioniero politico”, 1943, nel carcere di “Regina Coeli”. Era nato a Casoli di Atri, in provincia di Teramo, nel 1891

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Domenico Sciamanda “prigioniero politico”, 1943, nel carcere di “Regina Coeli”. Era nato a Casoli di Atri, in provincia di Teramo, nel 1891

di Geremia Mancini – presidente onorario “Ambasciatori della fame”

Domenico Sciamanda nacque nella frazione di Casoli di Atri, in provincia di Teramo, il 26 gennaio del 1891. Il padre si chiamava Candido. Studiò con profitto e assunse ruoli di prestigio nell’amministrazione pubblica. Fu, tra l’altro, Referendario alla Corte dei Conti.

Divenne successivamente apprezzato e ricercato Notaio. Nel 1958 la “Rivista del notariato”, in occasione della sua scomparsa, gli dedicò un toccante e riconoscente ricordo. Nell’articolo, tra le altre cose, si leggeva: ” Collega, tra i primissimi, di salda preparazione giuridica, vivificata da una lunga e meditata esperienza, e maestro di dignità professionale”.

Fu anche insegnante nelle “Scuole di Notariato” e un collega così ne tracciò un ricordo: “Primo tra loro l’indimenticabile nostro Collega Domenico Sciamanda , che negli anni di sua terrena permanenza tra noi ha profuso nella Scuola le sue doti preclare : passione, dottrina, equilibrio e fermezza”.

Ma a segnare la vita di Domenico Sciamanda fu una dura esperienza che lui racconterà in un libro: “L’autunno nero del ’43 – fascisti e antifascisti a Regina Coeli”. Noi proviamo a ricostruire quell’esperienza.

Dopo l’8 settembre Roma e così nell’Italia del centro e del nord, rimasero travolte da un profondo senso di drammatico smarrimento. E’ in questo contesto che Domenico Sciamanda, che aveva voluto mantenersi sempre estraneo al regime, il 24 ottobre del 1943 venne arrestato. Perché ? Forse aveva avuto un scambio epistolare con l’Avvocato Federico Comandini (socialista antifascista) ? O molto più semplicemente si era  lasciato andare a qualche pubblica affermazione di troppo contro il fascismo ? Sta di fatto che il fascista Gino Bardi (con Guglielmo Pollastrini ed altri formò la famigerata “Banda di Palazzo Braschi”) con azione violenta lo fermò, lo picchiò ed infine lo fece arrestare. Così Domenico Sciamanda varcò il portone del carcere di “Regina Coeli” per  finire  nel tristemente noto “sesto braccio” dei detenuti politici.  Vi rimase per lunghi ed interminabili 45 giorni. In quegli stessi giorni a “Regina Coeli” venne fatto richiudere Sandro Pertini che vi rimarrà con Giuseppe Saragat fino al 15 novembre del 1943. Sciamanda incontrò anche Franco Antonicelli (saggista, poeta e antifascista italiano), il giornalista Alberto Bergamini e Claudio Pavone (sarebbe poi divenuto un apprezzato storico) e vari ufficiale “badogliani”.

Ma a “Regina Coeli”, Sciamanda, incontrò anche alcuni membri del Gran Consiglio del Fascismo (quelli che avevano votato “l’ordine del giorno Grandi”) in attesa di essere trasferiti a Verona per un processo che li condannerà a morte per fucilazione. Tra le mura del carcere di “Regina Coeli” si sviluppò un serrato e vivacissimo dibattito politico nel quale Domenico Sciamanda seppe inserirsi come uno degli interlocutori più vivaci. La sua fu una esperienza, traumatica, ma per fortuna si concluse con la scarcerazione. Determinante, per quest’ultima, fu, assai probabilmente, un intervento del “Vaticano”.

L’Istituto Storico Toscano della Resistenza” conserva un testo dattiloscritto dal titolo “Dott. Domenico Sciamanda. Notaio in Roma. Al sesto braccio di Regina Coeli. Ricordi ed impressioni di un detenuto politico”.